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venerdì 29 giugno 2012

Capitolo 11 – Senza storia



Chiuse il portello senza guardare e si abbandonò al silenzio dello spazio. Le stelle sarebbero state fino alla fine la sua buona compagnia.
FINE

La guardò un'ultima volta, per ricordare. Poi sparò e il mondo si spense, insieme alla luce nei suoi occhi.
FINE

Lasciò cadere i fiori, poi lesse per l'ultima volta quel nome estraneo: ADOLPH SPENCER 1952 – 2010. "Addio Jake" pensò, e si voltò, per non tornare.
FINE

La baciò con delicatezza, lei si abbandonò tra le sue braccia. Danzarono nel cuore del tramonto, la loro notte sarebbe durata per tutta la vita.
FINE

Il gatto esamina con calma il quartiere assolato poi con un guizzo si infila sotto a un cespuglio. Gli irrigatori temporizzati di villa Belfiore si accendono e iniziano a sparare tondi arcobaleni d'acqua. Raccolgo il giornale, eseguo qualche allungamento, con calma. Se solo tu potessi vedere, Brigitte, che splendida giornata!
FINE

Sanguinava. Si appoggiò al muro con la schiena, le gambe non lo ressero. Scivolò a sedere, lentamente. Gli bruciavano gli occhi ma non osava toccarli con le mani inondate di frammenti di cristallo.
Ce l'ho fatta, Mishima – pensò – Li ho presi.
FINE

Lanciò il pugno verso il cielo gridando il suo nome, i cento sopravvissuti gli fecero eco con un boato dal ponte della Kobayashi.
FINE

Attento – disse – ti riconosceranno. Specialmente adesso che ha smesso di piovere.
FINE

Trovò le chiavi della moto e le sigarette, poi prese una birra dal frigo-bar. Prima di andarsene si avvicinò di nuovo alla ragazza e le disse: «Bambola, sei stata grande».
Lei lo colpì con un pugno.
FINE

Qualche tempo dopo andai a trovare la Dottoressa Borrough all'ospedale. Stava seduta nel letto, sommersa da mazzi di fiori, lettere e cioccolatini. Mi sorrise alzando un sopracciglio. «Come vedi, Ralph, le lancette girano di nuovo all'indietro.», disse, «possiamo iniziare di nuovo, e potremo farlo ogni volta che vorremo».
FINE

Entrai nella sua stanza, chiusi la porta con due giri di chiave. Sedetti. Infine, c'era solo da aspettare.
FINE

Shae si fermò di fronte al lavabo, mise le mani a coppa e bevve, bevve a lungo, finchè la gola le fece male e lo stomaco sembrò scoppiare. Poi tornò fuori, e affrontò la notte.
FINE

L'onda d'urto ci travolse e ci scagliò addosso di tutto. Volammo e battemmo numerose volte prima di perdere i sensi. Quando aprii gli occhi Beth mi stava guardando. «Siamo stati fortunati.» dissi. Ma i suoi occhi si assottigliarono. «Non chiamarla fortuna, Robert.» mi rispose. Poi mi cinse la gola con entrambe le mani e iniziò a stringere.
FINE

Di una cosa sono sicuro: se un giorno Hans dovesse tornare a sfidare le marmose della parte Nord del Klam Puthra, io sarò con lui per raccontarlo.
FINE

Rise fino alle lacrime continuando a tenere in mano l'orologio rotto.
Avevi ragione tu - gridò – come sempre, diavolo di un Brewster!
FINE

Janus guardò il cielo che schiariva godendo della lieve brezza che si stava alzando. Poi si voltò verso il suo amico. Disse: - Possiamo andare adesso. - Il lupo si alzò lentamente e si avviò zoppicando nel sentiero che portava fuori dal bosco.
FINE

Per Chiara ho inventato le "fini di storie che non esistono" e solo per lei finora ne ho scritte, ma sono certo che non le dispiacerà per questa piccola eccezione.
Questa, in fondo, è la sera di un giorno feriale, e domani mattina tornerò al lavoro. Presto. Perciò qualsiasi cosa mi va perdonata.
FINE

domenica 24 giugno 2012

Capitolo 10 – Prendi e Torta a Casa


decorating

Ho deciso di abbandonare la mia attività di architetto e di darmi alla decorazione delle torte.

Sto scherzando.

Quello che è vero, invece, è che inaspettatamente mi sono ricavato un ruolo nell'attività collaterale di Chiara, che ormai da molto tempo è diventata un'esperta di decorazione di torte.

Chiara, con l'amica Valentina, ha fondato una piccola squadra di decoriste di torte. Partendo dalla loro eccellente manualità (riescono a lavorare con paste di zucchero, ghiacce ed altri composti dolciari simili, con precisione decimillimetrica) ed approfondendo la materia frequentando in giro per l'Italia i corsi dei più grandi esperti, sono arrivate al livello di consumate professioniste, e spesso organizzano dei meeting e dei corsi in cui insegnano come si fa a fare quello che fanno.

Essendo Chiara un genio, ha dato nome al gruppo con il gioco di parole definitivo: "Prendi e Torta a Casa".
Con l'aiuto del nostro amico Cristiano, PETAC è stato dotato anche di una personalità grafica.

 
Lo scopo della decorazione dei dolci è quello di trasformare una torta dall'aspetto ordinario in uno spettacolare pezzo d'arte commestibile.
Quando si attiva il laboratorio di decorazione, spesso a casa nostra, mi accorgo che il loro lavoro può essere estremamente complesso come semplice, e a volte anche una decorazione minimale ma benm studiata può dare un gradissimo effetto, come nella grafica e nell'illustrazione.
Come in ogni forma d'arte, la tecnica è il mezzo da utilizzare per applicare la creatività al lavoro, più si sa e più cose si possono fare. Vedere Prendi e Torta a Casa in azione mi ha fatto capire che quello che loro fanno con le torte ha una dignità pari ad ogni altro processo creativo. Interessante. Se Chiara non mi avesse messo il processo creativo decorativo sotto gli occhi probabilmente lo avrei considerato una roba secondaria, per ignoranza.

vetrina decorata con torta e biscotti a tema
 
Le tecniche che le ragazze padroneggiano hanno dell'incredibile. Hanno una cassetta multiuso con la forma di quelle da pesca, pienissima di curiosi attrezzi di cui fatico a capire lo scopo se non li vedo in uso.
Ricordo quando Chiara, nel corso del nostro viaggio in Canada, volle visitare i due negozi principali di cake decoration, e ne uscì carica di buste piene di oggetti misteriosi, e mentre me li mostrava uno alla volta e me ne spiegava lo scopo, io lo dimenticavo pochi secondi dopo. Decorare le torte è un'arte ma anche una scienza esatta, pare.

torta alle farfalle

Nel corso della progettazione delle torte più difficili, di quelle che richiedevano la costruzione di una forma complessa o l'ideazione di un personaggio, o magari di quelle per le quali l'idea proprio non vuoleva uscire, sono stato chiamato a riunione di fronte a tutte le attrezzature e alle palle colorate fatte di materiali commestibili. Le mie doti di progettista e disegnatore sono state duramente messe alla prova nelle sessioni di progetto, in cui io di solito prendevo carta e matita ed iniziavo a fare schizzi di torte o di parti di esse, fino ad ottenere un risultato soddisfacente per le ragazze.
Devo ammettere che poi vedere le torte finite mi ha dato una bella soddisfazione.

la torta del trattore

Intendiamoci, il 99,9% delle idee e delle decorazioni sono farina del sacco di PETAC, io sono intervenuto solo in alcuni casi, ma questo è bastato a farmi acquisire il mio ruolo di consulente fisso.

Inoltre faccio le foto. Non tutte, ma la maggior parte. Perchè l'arte della decorazione dei dolci è figurativa, la torta è disegnata, scolpita, pertanto va immortalata e consegnata all'ormai voluminoso curriculum fotografico di PETAC, dal quale estraggo qualche immagine per questo post.

Sono molto orgoglioso di collaborare con Prendi e Torta a Casa.

Prendi e Torta a Casa è online su Facebook:




















Nota conclusiva: non so se Chiara apprezzi l'acronimo "PETAC", in realtà è Valentina che un bel giorno ha iniziato a chiamarlo così. Però a me fa molta simpatia, ed è per questo che l'ho ripetuto tante volte in questo post.
Viva PETAC!

sabato 23 giugno 2012

Capitolo 09 – Stephen King, 11/22/63


Premessa alla nuova stesura:
Purtroppo il testo originale di questo post, scritto sul retro di alcuni fogli di documenti di lavoro, è andato perduto. Come succede in questi casi, il fastidio di dover ricreare qualcosa che era uscito spontaneamente da un sonnolento viaggio di ritorno ha dato vita a un testo che ripropone in modo meccanico, sintetico e cialtrone quello che c'era scritto sui fogli, quindi di molto impoverito. Per questo motivo non sono soddisfatto. 
Credo che valga lo stesso la pena di proporre il mio commento su questo libro in questo capitolo 09 della trascrizione dei fogli dal treno di giugno, quindi ecco qua. Credo che, anche se peggiore dell'originale, mantenga intatto il nucleo di quello che volevo dire.
attenzione ad eventuali spoiler. Ho scritto diverse cose "sensibili", credo.


Stephen King, non ti leggo da anni. Il re dell'orrore, causa di tante nottate da teen-ager passate a leggere nel letto, decidendo di non spegnere la luce.
King arriva di nuovo con la sua prosa sciolta, semplice e coinvolgente, e sorprendentemente mi lascia sul comodino un racconto sui viaggi nel tempo.
Ha quindi ha l'ardire di invadere il mio genere preferito? La fantascienza!? Attento a te King, io sono un esperto. Sono un avido consumatore di Urania. Per me Isaac Asimov è una divinità, Ray Bradbury un monumento, Arthur C. Clarke un re. Attento perchè sono un profondo conoscitore di flussi temporali, di astronavi gravitazionali, di androidi, alieni e dimensioni parallele.
Vediamo, tu mi vuoi raccontare di Jake Epping, un professore in una scuola del Maine (non avevo dubbi che avresti scelto il tuo maledettissimo Maine) che viaggia nel tempo. Va bene, ti leggerò. Ma se questo "11/22/63" non mi piacerà, parlerò male di te a tutti e ti farò una pessima pubblicità.


(qualche tempo dopo...)

Bello, mi sono divertito molto. Sembra proprio che King si sia documentato come uno studente secchione per scrivere dell'insegnante che si lascia convincere ad andare a vivere la sua vita nel passato allo scopo di impedire l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy.
Devo ammettere che King si destreggia bene tra alcuni luoghi comuni fantascientifici, tipici del racconto del viaggio nel tempo, che tira in ballo: dal butterfly effect al Giorno della Marmotta (vedi film culto, anzi capolavoro, "Groundhog Day", in italiano "Ricomincio da capo" con Bill Murray).

Il balzo nel tempo è concepito come una cosa un po' magica, King bypassa serenamente qualsiasi spiegazione scientifica. Niente macchina del tempo alla H. G. Wells nel racconto, ed è giusto così, in fondo King ha sempre scritto di cose misteriose ed inspiegabili.
Ma tutto questo è una cornice. King circonda con spostamenti temporali e caso Kennedy un dipinto che raffigura la vita nella provincia americana negli Stati Uniti d'America negli anni a cavallo tra '50 e '60 del ventesimo secolo, periodo di cui deve essere seriamente innamorato, vista la passione con cui lo vive attraverso i viaggi del suo protagonista.
Il protagonista Epping si spoglia rapidamente dei panni di uomo del ventunesimo secolo ed abbraccia il passato come se fosse il paese delle meraviglie, un mondo ingenuo e a misura d'uomo, dove la vita viaggia a un ritmo più lento, anche se duro, pericoloso e ancora incosciente degli storici problemi sociali americani, nodi che all'epoca stanno ancora venendo al pettine.

E in questo romantico mondo perduto Epping si innamora, ed è questo il vero dramma del racconto.
Epping consce una donna che, mese dopo mese, pagina dopo pagina, diviene la sua ragione di vita. Una tipica donna dei racconti di King, bella e sofferente, tradita dal destino.
Jake Epping si innamora di una donna di un altro tempo, ma presto si accorge che vivere in un tempo diverso equivale a vivere in un'altra realtà e che unirsi a una donna di un'altra realtà è un atto inaudito, folle, che violenta le leggi dell'universo. Epping intuisce con orrore che innamorarsi di qualcuno che non dovrebbe esistere nella propria vita è una cosa che distrugge le leggi della logica, gravissimo, quanto cambiare la storia e impedire che JFK venga ucciso.

La storia di Jake e Sadie è il nucleo centrale del libro, una grande storia di un amore perduto nelle pieghe del tempo, e in questo King mi ha sorpreso moltissimo perchè non ricordo parti romantiche altrettanto ben riuscite nelle altre sue opere, almeno in quelle presenti nella mia libreria.
L'autore affida l'esistenza di tutto il creato al cuore del suo protagonista, il professore di scuola Jake Epping e alla fine, quando il giocattolo è ormai rotto e i ricordi si sono trasformati in meri sogni, implicitamente chiede ai lettori: voi cosa avreste fatto al posto di Jake?

Io lo so.

Bel libro.
Grazie Papà per avermelo passato!

domenica 17 giugno 2012

Capitolo 08 – Misplaced Childhood


Quel bambino in uniforme militare da parata.

Conosco i Marillion da molti anni. Sono un gruppo rock o progressive rock anzi neo-prog, e altro.
Insomma, sono un gruppo rock che crea delle belle atmosfere.
Attualmente, se si fa un salto su marillon.com, è possibile fare conoscenza con l'incarnazione della band più recente e più longeva: ci sono Steve Rothery - chitarra elettrica ed acustica, Pete Trewavas - Basso elettrico, voce secondaria, seconda chitarra ed effetti, Mark Kelly - Tastiera, effetti, voce secondaria, programmazione, Ian Mosley - batteria, percussioni, ed il loro capitano è Steve Hogarth, un bravissimo cantante e musicista che ama farsi chiamare solo con l'iniziale del cognome: H.
Ma il disco con il bambino in tenuta militare di cui qui parlo viene da un'altra epoca. Erano gli anni ottanta, e la voce dei Marillion era un omone alto due metri che si faceva chiamare Fish.

Mispalced Childhood è un disco che mi vantavo di conoscere piuttosto bene e che non ascoltavo da tempo. Poi come succede, nell'ambito di una playlist mp3 piuttosto ampia e mista che avevo impostato, è uscito fuori un brano: Childhood's End?. E allora un po' per la bellezza delle sequenze di accordi e un po' per il tema della canzone, che parla del ritorno dell'infanzia che si pensava perduta, i Marillion degli anni ottanta hanno sfiorato la mia sensibilità di 38enne in un modo diverso da come era successo tanti anni fa.
Ho reimpostato il player Foobar per riascoltare l'intero disco. E non ho smesso per giorni, anche in cuffia in metropolitana e sul treno.
Cosa mi ero perso in questo disco al primo giro? Probabilmente quello che mi era sfuggito nei primi cento ascolti di The Lamb Lies Down On Broadway dei Genesis, o di Meddle dei Pink Floyd, ovvero il "succo". Non si conosce un disco finchè non si sente vibrare quella corda nascosta (se c'è, ovviamente).

L'errore naturale dell'ascoltatore-conoscitore è decidere che "un bel disco" sia semplicemente tale e proseguire la propria vita musicale, rimanendo convinto di aver ascoltato "un bel disco" e lasciando indietro la possibilità di sintonizzarsi su quella vibrazione che promuove un'opera in musica da "un bel disco" a colonna sonora di alcuni giorni della vita.
Questo esattamente mi è successo con il disco con il bambino in copertina.

Marillion - Misplaced Childhood - album cover
Il mio giudizio su di esso faceva superficialmente più o meno "scopa" con la lettura critica genericamente condivisa della nascita dei Marillion: in quegli anni, in cui la musica più ascoltata era più leggera che mai, in cui i Duran Duran uccidevano il movimento punk portando freschezza con le loro opere sintetiche e spensierate (e peraltro godibilissime) e i Depeche Mode aprivano la strada alla musica dei sintetizzatori riempiendo i loro dischi con sonorità immani e meravigliosamente innaturali, i Marillion guardarono al passato, agli anni settanta, l'epoca in cui la produzione musicale delle band inglesi era l'avanguardia, la creazione, il miracolo, e incredibilmente riuscirono a plasmare la propria musica come la via di mezzo tra quell'epoca e il contemporaneo.
E infatti negli album dei primi Marillion troviamo i Genesis, la chitarra dei Pink Floyd, tante tastiere suonate da qualcuno che sembrava aver studiato bene il pianoforte (cosa rara da trovare nei brani da hit parade degli anni dei paninari), variazioni di tempo da pari a dispari dalla sezione ritmica, composta da basso e batteria, come si fa nel rock. Il front-man Fish sembrava fare di tutto per far credere che dietro al microfono ci fosse qualcuno all'altezza di Peter Gabriel. Una musica piena, che passava dal sottovoce al grandioso nell'ambito di un'unica canzone.
Tanti riferimenti musicali importanti, sintetizzati in nuova musica da una band che desiderava però un approccio diretto con il pubblico, e che proprio per questo sembrava evitare di riproporre i ghirigori più complessi delle suite genesisiane, non si dilungava in angosciate, floydiane dilatazioni degli spazi, si teneva lontana dalle sperimentazioni hard-sinfoniche che resero celebri i King Crimson o dalle cavalcate ritmiche ed un po' esibizioniste degli Yes.
Al contrario, i Marillion utilizzavano gli stessi suoni dei Duran Duran e degli Spandau Ballet per costruire le loro melodie. La loro complessità era quella strettamente necessaria a far suonare il pezzo musicale in maniera completa, epica a volte, intima altre, esplosiva altre ancora. Suonando benissimo ma senza strafare, con eleganza.

Marillion - Script for a Jester's Tear - album art
I Marillion uscirono con il loro primo album, Script for a Jester's Tear, nel 1983. A causa di questo album la critica musicale si vide costretta a creare un nuovo sotto-genere musicale: il neo-progressive rock, che stava a definire un rock epico e d'atmosfera quanto il prog sinfonico degli anni 70, ma più sciolto, diretto, più in linea con gli anni ottanta. I Marillion, costruendo questo ponte verso il passato, ebbero il merito di avvicinare alla musica progressive nuove generazioni di appassionati.

Misplaced Childhood è il terzo album dei Marillion, ed è un "concept album".
Negli anni settanta, le band britanniche che dettero vita ai più bei momenti del rock progressivo sembravano amare l'idea del concept album, ovvero una sorta di disco a tema.
Anzichè una sequenza di canzoni, il concept album è un'opera unica, non divisibile, che sviluppa un unico concetto, o idea, o storia, dall'inizio alla fine.
Di solito tutti gli intenditori sono d'accordo nell'individuare il primo concept album della storia nel Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles.
Altri esempi di dischi "concept" di grande bellezza sono

The Wall dei Pink Floyd
The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd
Thick as a Brick dei Jethro Tull
Smallcreep's Day di Mike Rutherford
The Lamb Lies Down on Broadway dei Genesis (questo forse è il mio disco preferito in assoluto)
The Snow Goose dei Camel
Tales from Topographic Oceans degli Yes
Tarkus di Emerson, Lake & Palmer
2112 dei Rush

Ce ne sono tantissimi.
E Misplaced Childhood che cosa è? Una sorta di moderna reliquia, un falso che ripropone il passato in un disco nato vecchio?

I Marillion con Fish composero, 10-15 anni dopo l'apice di questo tipo di produzioni, un disco presuntuosissimo nel suo voler essere erede di tanta meraviglia, ma che in realtà era più che altro molto gradevole da ascoltare. Tranquillo. Bello, bel disco. Fece conoscere i Marillion al pubblico più grande.
Misplaced Childhood fu il disco più organico dei Marillion con Fish, forse non il più complesso (la complessità, come è noto, è vita e condicio sine qua non per gli amanti del prog rock più integralisti, e porta di comunicazione con il passato per il neo-progressive), ma sicuramente il più ricordato.

Dal disco furono anche tratti dischi singoli di successo (i 45 giri, chi li ricorda?), e tra tutti il più famoso fu Kayleigh.

E fino a qui ho sempre saputo tutto. Bel disco, no?
Ma perchè, da qualche parte, nei forum in rete se ne è sempre continuato a parlare? In fondo è un disco di 25 anni fa, mica sono i Pink Floyd...
Ebbene, è solo nel 2012 che mi rendo conto che questo disco è un grande capolavoro, e non solo. È un disco che ha quel famoso qualcosa di speciale nascosto, la corda che vibra, il succo.

Seguire la musica accompagnati dalle tantissime parole che Fish incastra nel ritmo è seguire l'evoluzione di uno stato d'animo. Fish ha l'aspetto di un boscaiolo, ma scrive dei testi da lasciarci il cuore. Complice il velo linguistico, per lunghi anni avevo canticchiato le parole senza soffermermi sul significato. La vera illuminazione l'ho avuta una sera, guidando la macchina da Roma a Terni.
Quel giorno, per caso, ho scoperto che questo bel disco era di una bellezza fragorosa, pieno di malinconia e di amore perduto, ricco, sofferente nella ricerca degli elementi che servono a riempire i vuoti dell'anima dell'io narrante, rabbioso per i pensieri sull'innocenza perduta e sul bisogno di riavere indietro quell'infanzia finita chissà dove. "My childhood, a misplaced childhood, give it back to me".
Ho scoperto che il tema cantato da Fish va oltre la nostalgia, che ha piuttosto la funzione di aprire le porte della narrazione interiore, attraverso lo sguardo ingenuo e semplice della fanciullezza.
Ho scoperto chi è il bambino in uniforme, ora so tutto di lui, e adesso non riesco più a guardarlo sulla copertina del disco senza un filo di emozione.

Che soddisfazione innamorarsi della musica, specialmente di quella che già si pensa di conoscere.
Ho scoperto l'essenza dei Marillion di quegli anni, ho scoperto tantissime tracce di questa bellezza anche nei dischi precedenti e nei successivi a Misplaced Childhood. Ho scoperto il motivo per cui ci sono in giro tante ragazze sui 25-26 anni che si chiamano con un nome che ha inventato questo signor Fish in questo disco. Ma sebbene Kayleigh abbia un ruolo importantissimo in Misplaced Childhood, non ne è il fulcro, ne è in realtà solo uno dei motivi scatenanti.

Marillion - Kayleigh - cover art
...e adesso arriva il momento del testo riportato nel blog come una poesia:
Dentro a Misplaced Childhood c'è un pezzo che si chiama Bitter Suite, e dentro a Bitter Suite c'è un pezzo che si chiama "Blue Angel" che trovo violentemente dolce, emozionante:

the sky was Bible black in Lyon
when I met the Magdalene
she was paralysed in a streetlight
she refused to give her name
and a ring of violet bruises
they were pinned upon her arm.
two hundred francs for sanctuary and she led me by the hand
to a room of dancing shadows where all the heartache disappears
and from glowing tongues of candles I heard her whisper in my ear
"J'entend ton coeur"
I can hear your heart


Chi conosce già il disco e lo trova "buono" farebbe meglio a riascoltarlo. Se chi non lo conosce affatto ha bisogno di un gancio, vada su Youtube e cerchi "Kayleigh" (o sfrutti il link che ho gentilmente fornito, più su nel testo), troverà quella canzone così carina che ci piaceva tanto mettere nei momenti romantici delle feste di scuola.
L'approfonditore invece potrebbe cercare su Google la storia dell'idea di Fish e della sua visione del bambino in uniforme. O andare ancora su Youtube a ascoltare una versione qualsiasi della filastrocca per bambini della tradizione inglese Lavender Blue, che se non si è inglesi non la si conosce e invece è fondamentale per ascoltare il disco.

Le immagini che accompagnano questo post sono opera di Mark Wilkinson, lo storico illustratore dei dischi dei Marillion.

And it was morning. And I found myself mourning for a childhood that I thought had disappeared...

Marillion - Market Square Heroes - cover art

domenica 10 giugno 2012

Capitolo 07 – Grayscale, part one

Foto in bianco e nero, grana grossa. Così descrivevano l'architettura le foto archiviate nelle riviste nella biblioteca dell'università, impaginate con le linee grosse dell'editoria di qualche decennio fa, ed io, studente alle prime armi, sfogliavo e cercavo di cogliere il senso della mia vita professionale futura.

Di seguito, una raccolta di foto che nel corso dei miei viaggi ho scattato per ricordare le parti costruite che definivano i luoghi che visitavo. È il risultato di una ricerca molto rapida, sicuramente ce ne sono molte altre che avrei voglia di pubblicare, per questo motivo il post potrebbe avere un seguito. Per sicurezza in questo senso inserisco "part one" nel titolo, non si sa mai.

Sono tutte in bianco e nero, perchè ho voglia di immaginarle raccolte in un numero speciale di una rivista dedicato a me, architetto fotografo di architettura, archiviato in uno scaffale della biblioteca.